Un’altra app per te, non te l’aspettavi eh?

Vorrei toccare un tasto per me importante e, in certo senso, dolente.

Come noto, è stata varata la piattaforma del MIUR o, meglio, del MIM, Ministero dell’Istruzione e del Merito, – non dimentichiamo mai gli importanti cambiamenti che mutare nome comporta – collegata all’app UNICA.

UNICA sarà il canale di accesso alla scuola e a tutti i servizi digitali connessi, sarà il luogo virtuale dove come studenti, genitori, famiglie, docenti, troveremo tutto ciò che di solito è disseminato in tante piattaforme locali magari ancora a discrezione della scuola frequentata più alcune novità come l’E-Portfolio e l’Albo Nazionale delle Eccellenze che, insieme all’Albo dei premiati in competizioni, si trova sul sito dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire).

Premesso che le Eccellenze di Indire sono i diplomati con 100 e lode di cui si fornisce soprattutto possibilità di ricerca così che chi sarà curioso di conoscerli potrà trovarli per regione e istituto arrivando a nome e cognome o fare il percorso inverso, valutato che i premiati delle competizioni saranno probabilmente i vincitori assoluti di qualche forma di competizione di valore a cui i nostri ragazzi e ragazze potranno eventualmente decidere di partecipare, compreso che l’E-Portfolio sarà una pagella totale del percorso che gli allievi avranno completato con alterne vicende, dove tutto sarà registrato a imperitura memoria e sperabilmente senza ulteriori fini, mi sento profondamente colpito dalla totale incomprensione – ancora una volta – di cosa conta davvero.

Le app, tutte le app, dietro alla loro apparente semplicità e immediatezza, ci costringono a comportamenti omologati senza offrirci alcuna via alternativa dove si fa come ci viene chiesto (in realtà imposto) o semplicemente non si ha accesso e il vero problema qui è proprio questo: nell’era dell’accesso, come è stata chiamata tante volte soprattutto in passato, si è realizzato il sogno piccolo-dittatoriale per cui l’accesso avviene per una sola via rigidamente controllata, monocratica, senza nemmeno presentare una parvenza di istanza di partecipazione da parte degli utenti. La mancanza di accesso è un fatto banale, non è un atto politico o un rescritto civile nel quale ci viene intimato qualcosa: semplicemente non arriviamo e nessuno sa cosa farci, non c’è un ufficio reclami e nemmeno il soggetto prossimo può metterci mano perché “non dipende da noi” come regolarmente ci dicono gli istituti che i nostri ragazzi e ragazze frequentano. Non hai trovato modo di usare pagoinrete o pagopa? Non hai lo SPID? Non riesci ad usare l’app di riconoscimento del tuo dispositivo? Poco importa, resta il dato che non puoi mandare i tuoi figli in gita perché non puoi più pagarla, non ti sarà più possibile conoscere circolari, pagelle, avvisi, non potrai nemmeno più giustificare le assenze…il punto qui non è dato da come ci muoveremo di fronte a questi ostacoli ma come mai si è potuto concepire un sistema con una sola via di accesso e nemmeno una porta di emergenza, una clausola di sopravvivenza, di rispetto delle differenze o delle impossibilità.

Rendersi adeguati sarà un compito nostro, non esserlo sarà già un difetto, dovremo per forza comprare dispositivi in grado di accedere e questo in realtà sarebbe l’ultimo dei nostri problemi: il problema vero è che, al momento, il pensiero unico, il principio filosofico assurto a Regola d’Oro per cui è ammesso un solo modo di affrontare un tema o un argomento ritenuto significativo, è imperante e la cosa curiosa è che chi decide tutto questo è probabilmente un oscuro impiegato ministeriale che costruendo l’architettura delle app, si sarà limitato a dare peso alla semplicità e non alla democrazia. Forse non si sarà nemmeno accorto di essere stato lui a mettere l’ultimo mattone del portale dell’accesso unicamente.

A questo punto che facciamo noi? Scartata l’ipotesi “bandana e molotov” e ricorrendo talvolta all’abbrutimento con serie televisive e birre dove sorridiamo compiaciuti davanti all’ennesima fine dell’umanità giudicata colpevole di non aver capito per tempo, ci mettiamo tranquilli e cominciamo a pensare a cosa vogliamo noi davvero.

L’istruzione parentale è quel luogo dove qualche risposta la potremmo trovare e dove contano tutti gli studenti e non solo quelli che hanno ottenuto il massimo e che, dopo tutto, sono veramente la quasi totalità degli aventi diritto: ci si domanda perché non possa esistere un Albo di tutti i diplomati…insomma, potremmo anche noi essere quei soggetti che propongono contenuti senza limitarci a reagire a quello che sempre ci viene offerto come preconfezionato. Sì, anche noi sappiamo produrre testi, materiale audio-visivo etc per fare nuova cultura…l’esame di idoneità in fondo non ci chiede che di stare entro un binario che al momento si presenta molto largo.

Insomma abbiamo la concreta possibilità di costruire quella società che vorremmo vedere realizzata e non esiste una forza contraria a noi, se non “ci contrariamo” noi: esiste un sistema che si è organizzato per tutti costruendo proposte per come ha potuto concepirle, non possiamo chiedergli di essere attento alle idee, i pensieri e le visioni culturali di 11 milioni di persone, tante frequentano la nostra Scuola, né di produrre proposte accurate per ogni partecipante. Già, ma noi siamo quegli 11 milioni e nulla ci impedisce di auto-organizzarci ed è questa la via che stiamo seguendo ormai a decine di migliaia, come non era mai successo prima.

Trovo davvero degno di nota che laddove tutto si riduce a sterili accessi unici, rifiorisce il senso della partecipazione sociale in cui quello che manca può essere compensato in altro modo e non vedo lontano il momento in cui potremo dire davvero con la Costituzione che “la Scuola è aperta a tutti”. Quando e quanto vicino dipenderà anche da noi.

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Francesco Bernabei

Francesco Bernabei si occupa di sviluppo sociale con lo specifico scopo di avviare e partecipare a processi per la prima ideazione e la promozione di idee, pratiche e percorsi di interesse collettivo. In passato ha collaborato a processi che hanno riguardato l’obiezione di coscienza e il servizio civile, la finanza etica, l’economia, l’europeismo, la responsabilità d’impresa. Attualmente è impegnato nel contesto dell’educazione e dell’istruzione parentale, del diritto naturale e delle pratiche per il migliore utilizzo delle risorse ambientali.

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